Picture of Disc jockey Paul Anderson on air for KMSC radio. Photo by Mnstate |
Al giorno d’oggi tutti noi sappiamo cosa si intende per “dj”. Ma se chiediamo a un ragazzo degli anni ’70, la risposta non coincide esattamente con la nostra.
Parlami della tua esperienza.
All’epoca quasi tutti i disc jockey iniziavano nelle radio locali nella quale c’erano poche risorse, tant’è che molte volte i dischi venivano acquistati dal dj stesso. Per un paio d’anni ho lavorato in una radio locale, Radio Moncalieri Centro, e nel frattempo feci diversi provini in radio più grandi, ma vista la mia giovane età (ero minorenne) non potevo essere contrattualizzato.Cosa faceva un dj in una piccola radio locale?
Per quanto riguarda la mia esperienza e dei colleghi che ho conosciuto, ci si occupava di tutto. Si predisponevano gli orari dei programmi in base anche alle proprie esigenze, ci si occupava dalla gestione del mixer alla realizzazione della scaletta, e anche all’inserimento degli inserti pubblicitari, che erano la linfa vitale per tenere in piedi una radio privata. Mi ricordo che ci fu un periodo in cui eravamo stati obbligati a fare i broker pubblicitari della nostra stessa radio.Hai lavorato solo in radio?
No, successivamente ho lavorato in una discoteca in una località turistica montana, ed è stata un’esperienza bellissima in quanto avevo un rapporto diretto con il mio pubblico.Ma che differenza c’era tra lavorare in radio e in discoteca?
In radio tu non vedi il pubblico, ti accorgevi dell’indice di gradimento dalle telefonate (gli SMS non c’erano ancora) e quindi ti rapportavi sostanzialmente con l’amministrazione della radio che valutava la bontà del tuo programma in funzione della raccolta pubblicitaria. In discoteca invece si veniva a creare un rapporto diretto con il tuo pubblico ed eri il centro della serata. La riuscita della serata dipendeva esclusivamente da te, se riuscivi a coinvolgere il pubblico in sala: eri considerato un bravo dj in funzione delle scelte musicali e della capacità di mantenere un ritmo sostenuto. In ogni caso sia in radio che in discoteca diventava importante la voce del dj per creare l’atmosfera che ci si era prefissati.Cosa faceva esattamente un dj di quegli anni che lavorava in discoteca?
Il mio compito era quello di coinvolgere il pubblico, cercando di capire quali erano i gusti. E per intrattenere ovviamente mixavo la musica. Per farlo utilizzavo un mixer e due piatti e poi c’era anche il mixer delle luci. Si faceva partire un brano, poi verso la fine in cuffia ascoltavi l’inizio del secondo brano: trovato il punto di aggancio c’erano due tipi di mixaggio: quello sfumato ossia la sovrapposizione dei due brani, e quello secco, lo stacco. Interrompevi e partivi con il nuovo brano. Un buon dj ovviamente era apprezzato sugli sfumati quando non ti accorgevi di passare da un brano all’altro. In più c’era il mixer delle luci gestiva le luci psicodeliche che si accendevano alternativamente a tempo di musica e c’era un apparecchio in cui potevi regolare i vari toni e la sensibilità della luce. Poi c’era la strobosfera, fondamentale dopo il film Saturday Night Fever! E per i pezzi più rock si usava la stroboscopica che veniva sincronizzata manualmente con il pezzo che si ascoltava.Secondo te il dj come viene oggi definito, è lo stesso degli anni 70?
Ai miei tempi il dj radiofonico era uno e faceva tutto: oggi c’è la regia, l’addetto alla consolle e poi c’è lo speaker. Direi che è decisamente cambiato il dj radiofonico rispetto a quello degli anni 70. Per quanto riguarda i dj che lavorano nelle discoteche al giorno d’oggi, in un certo senso mi ritrovo: il dj è sempre il centro della discoteca. Credo però che il dj odierno, pur non essendo producer, si confronti con strumentazioni molto più complesse rispetto a quelle che utilizzavo io.Faresti il dj oggi, con la musica odierna?
Credo di no, non la capisco proprio la musica odierna! (ride)Lupo Alberto chiude così l’intervista, divertito dal salto generazionale che ha vissuto. In conclusione, come emerge dall’intervista il ruolo del dj non è cambiato molto, si può dire che si sia semplicemente evoluto, soprattutto grazie all’aiuto dato dall’era digitale.
Il lato tecnico
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Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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